Quando -con le arti- si realizza una forma e quando essa è la raffigurazione riconoscibile di un suo modello (vero o ideale), la si chiama "figurativa". Si parla di "opera figurativa" (conosciamo tutte le imbarazzanti implicazioni criticologiche di tal definizione") e per ciò chiamo "polifigurative" quelle forme che riempiono una categoria ben indicabile.
Intelligere l'input percettivo non sempre risulta libero da equivocazioni. Inoltre l'equivocabilità di una informazione percepita, può essere anche provocata intenzionalmente e non necessariamente alterando il sistema percettivo ma -più semplicemente- privando l'informazione stessa della sua appropriata riconoscibilità. Parlando di figurazioni, definisco "poli-figurativa" una immagine o una plastica che raffigura metà delle infinite "idee-entità" ad essa associabili.
Molte sono le occasioni di saggiare fortuitamene una percezione pluripossibile. Basta soffermarsi sulle nubi, per avere un esempio seducente del fenomeno associativo descritto. Ben noto il gioco con cui si cercano, si trovano e si condividono le varie interpretazioni di una o un'altra nuvola.
Allo stesso modo vengono percepite le associabilità formali di enti artificiali. Allo stesso modo anche quando la potenza della associabilità viene intenzionalmente gestita, temperando enti artificiali al preciso scopo di offrirsi al gioco dell'equivoco.
Mezza infinità ogni una. La somma di due o molte mezze infinità, non darà mai un intero: sarà sempre mezza infinità. A sua volta, la mezza è già infinita. Una figura dalla potenza associativa particolarmente elevata, non fa altro che tendere ad avere un numero infinito di possibili associazioni, ma tutte relativa alla sua natura. Pertanto l'altra mezza infinità è data dalle associazioni che sono escluse da questa stessa natura. Tutte le idee che non potrebbero mai essere evocate da una tale e tale forma-imagine, sono una infinità fratta in due, dall'opposto suddetto.
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